«È dal 2006 che mi buco. Non mi faccio di eroina o altre droghe ma di interferone, il farmaco per tenere a bada la sclerosi multipla. […] Paradossalmente, i risultati migliori della mia carriera sportiva non li ho ottenuti da giovane, ma con la Bestia dentro di me. Io la chiamo così la malattia che mi ha colpito». Ritornare a correre, a 41 anni, dopo una diagnosi feroce. Aggiungerci chilometri di bicicletta e vincere due Mondiali paralimpici di duathlon e un Europeo, tutto nel giro di due anni: il 2009 e il 2010. Fabrizio Vignali è questo: classe 1965, un trascorso nell’atletica leggera, uno di quei «toscanacci» cocciuti come un mulo. La sua vicenda umana e familiare, insieme alla dolorosa scoperta della malattia, si intreccia con quella dello sport in cui lui ha trovato la forza di reagire e di andare avanti, ottenendo dei risultati eccezionali. Oggi Fabrizio, dopo aver vinto le sue gare nello sport e nella vita, ci insegna che con la sclerosi multipla si può convivere: «Il requisito minimo è lottare e non scoraggiarsi mai».L'AUTOREFabrizio Vignali, malato di sclerosi multipla, ha vinto due Mondiali paralimpici di duathlon e un Europeo nel giro di due anni (2009 e 2010). È stato tra i primi atleti ad aver dato vita al paraduathlon in Italia. La sua storia si mescola con quella di alcune grandi vecchie glorie del podismo, come Pippo Cindolo, Lucio Gigliotti, l’amico-rivale Stefano Mei e Alessandro Lambruschini (bronzo alle Olimpiadi di Atlanta ’96 nei 3000 siepi), che conosceva fin dai tempi dei Giochi della gioventù e che diventerà poi il suo allenatore. Nel 2011 decide di cimentarsi con il triathlon, non quello per atleti disabili (paratriathlon) bensì quello a cui partecipano tutti. Al suo attivo vanta due Elbaman 73 e due Ironman 70.3 Italy. Dal 2015 non gareggia più.